giovedì 15 novembre 2012
Perché sentiamo il bisogno di venerare Maria?
La
venerazione alla Madonna ci viene insegnata da Dio stesso che invia un Angelo a
chiederle il consenso dell'Incarnazione. Ci viene insegnata dall'Angelo
Gabriele che si presenta a Lei salutandola con parole di grazia e di lode. Ci
viene insegnata dall'anziana Elisabetta che le va incontro esclamando «Donde a
me l'onore di ricevere la Madre del mio Signore?... Beata te...» (Lc 1,43). Ci
viene insegnata da san Giuseppe che sta accanto a Lei con il suo silenzio
ripieno di amorosa venerazione. Ci viene insegnata dalla Chiesa che ha sempre
costellato l'anno liturgico di feste mariane. Ci viene insegnata dalla fede e
dalla pietà del popolo cristiano che lungo i secoli ha innalzato santuari,
chiese, cappelle a Colei che, divinamente ispirata, predisse: «Tutte le generazioni
mi chiameranno beata» (Lc 1,48). Ci viene insegnata da tutti i Santi che hanno
popolato la terra, celebrando Maria con incontenibile amore. Chi mai potrà
enumerare gli atti di venerazione in due millenni di fede e di amore alla
celeste Mamma? Tutto questo ci dice che la venerazione alla Madonna, più che un
dovere, è stato un bisogno, deve essere un bisogno per ogni cristiano. E noi
sappiamo che il Magistero della Chiesa ha sempre sentito questo bisogno
universale e lo ha espresso con la fioritura delle feste e delle celebrazioni
mariane inserite nell'anno liturgico, in armonia con i misteri di Cristo. In
tal modo, tutta la Chiesa, più e più volte, è chiamata ed è guidata a prestare
alla Madonna il supremo culto di venerazione e di lode: il culto liturgico.
L'Esortazione Apostolica del papa Paolo VI, «Per il culto della Beata Vergine»
ribadisce gioiosamente la verità del posto onorifico di Maria Santissima nella
liturgia, e dell'impegno del cristiano di onorare la celeste Regina anzitutto
con la liturgia, e insieme con i devoti esercizi di pietà mariana. Gli atti di
venerazione alla Madonna vanno da quelli più grandi e solenni a quelli più
semplici e comuni. Edificare per l'Immacolata due piccole «Città» interamente
consacrate a Lei, come fece san Massimiliano M. Kolbe in Polonia e in Giappone,
non è certo cosa da tutti. Costruire splendide chiese in onore della Beata
Vergine, come fecero, ad esempio, san Giovanni Bosco a Torino, e il Beato
Bartolo Longo a Pompei, sono opere di venerazione imponente che solo pochi
possono compiere. Ugualmente, dedicare alla Beata Vergine un monastero di
vergini consacrate, e coltivarlo come «Colombaio della Vergine», tenendo la
Madonna quale Priora della comunità, come fece santa Teresa di Gesù, non è
venerazione ordinaria, ma straordinaria, e non è possibile a chiunque.Si deve
dire lo stesso della fondazione di Ordini, Congregazioni e associazioni
mariane; della composizione di opere mariane (libri, pitture, sculture, musiche ..), e anche della dedicazione di cappelle e altari alla Beata
Vergine. Ci sono stati Santi e devoti che hanno fatto tutto ciò, specialmente
la dedicazione di cappelle e altari (così fecero, ad esempio, san Bonaventura,
san Gaetano, sant'Alfonso... fino al beato Orione, al beato Alberione, a san Pio
da Pietrelcina). Anche la serafina dell'Eucaristia, santa Giuliana Falconieri,
non solo fece, ma lasciò come obbligo alle sue suore, che «in ciascuna chiesa
dell'Ordine nostro ci sia una cappella o un altare in onore della Nostra
Signora».Ma se non tutti possono offrire alla Madonna questi grandi atti e
opere di venerazione, tutti però possono compiere quegli atti ordinari di
venerazione che sono alla portata anche dei piccoli, come la preghiera
quotidiana alla Madonna, il culto delle immagini di Maria, la visita ai
santuari, alle cappelle, agli altari della Beata Vergine, il saluto alle
edicole mariane che si incontrano lungo la strada, la recita di pie
giaculatorie alla celeste Mamma, la gentile premura di ornare con fiori le
immagini di Maria Santissima, il culto di un piccolo altarino o di un quadro
della Madonna nella nostra casa, di un Rosario portato in tasca, di una
medaglina al collo, di un'immaginetta della Madonna nel portafogli, nel libro
di studio, sul tavolo di lavoro... Chi non potrebbe fare queste cose?
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