Uno
dei più consueti errori nel modo di pregare è la superficialità, per esempio
quando tramite la preghiera si chiedono cose frivole, quali la ricchezza o il
successo, o quando, pur chiedendo cose buone, come la salute propria o di
qualcuno, si scambia la preghiera per una bacchetta magica che intende porre
Dio al servizio dei nostri desideri, quasi come se Egli non fosse il Signore,
ma “il genio della lampada” a cui chiedere ciò che più piace, dimenticando che
i disegni di Dio sono ben più alti e diversi dai nostri. L’apostolo Giacomo ci
mette in guardia da questo atteggiamento scrivendo: “Voi chiedete e non
ottenete, perché chiedete male, per soddisfare i vostri piaceri” (Gc 4,3). Un
altro errore frequente è quello della presunzione, cioè pretendere di essere
esauditi senza merito, o esigere grazie troppo alte, come missioni
soprannaturali o doni mistici, dimenticando che non si è degni o all'altezza di
riceverli. Alla madre di Giovanni e Giacomo la quale chiedeva per i suoi figli
un ...posto d’onore accanto a Gesù, questi risponde: “Non sapete quello che chiedete;
potete voi bere il calice che io sto per bere?” (Mt 20,20s). La presunzione può
diventare perfino arroganza quando nella preghiera ci si mette davanti agli
altri, come nella parabola del fariseo e del pubblicano, in cui il fariseo
vantava davanti a tutti, nel tempio, i propri meriti: “O Dio, ti ringrazio che
non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri... Digiuno due volte
alla settimana e pago la decima di quanto possiedo”. Osa perfino fare confronti
con i presenti: “Non sono come questo pubblicano...”, mentre di quest’ultimo,
che pregava con umiltà, Gesù dice: “Questi tornò a casa giustificato, a
differenza dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà
esaltato” (Lc 18,9s). Un altro errore indicato da Gesù è l’esibizione: “Quando
pregate non siate come gli ipocriti, che amano stare ritti nelle sinagoghe o
negli angoli delle piazze per farsi vedere dagli uomini. In verità vi dico che
essi hanno già ricevuto la loro ricompensa” (Mt 6,5s). Oggigiorno è più facile
incontrare il peccato opposto: vergognarsi di essere visti mentre si prega o si
fa un segno di croce. Ma non manca chi, per raccogliere voti o consensi, si
mostra alle telecamere in prima fila durante una messa, o un funerale, o
un’udienza dal Papa. Gesù stesso, quando pregava, sceglieva luoghi appartati o
il silenzio della notte. La preghiera esige attenzione e raccoglimento. Se
questo non avviene, un altro dei pericoli è la dissipazione. Gesù diceva:
“Quando preghi, entra nella tua casa, chiudi l’uscio e prega il Padre tuo che è
presente nel segreto, e il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà” (Mt
6,6s). Questa concentrazione nelle cose divine non significa fare per forza il
vuoto mentale, magari ricorrendo a tecniche orientali che a tutti i costi cercano
di controllare il corpo, il respiro o perfino il pensiero. Non è necessario
attingere dallo yoga o dal buddismo come certi cristiani che davanti a una
parete bianca cercano di fare il vuoto dentro di sé. Se su quella parete c’è un
crocifisso e se, più che il vuoto, si cerca la pienezza di Dio, la preghiera è
più efficace perché viene realizzata non con le nostre armi, ma con quelle del
Signore. Un altro pericolo è l’insicurezza, quando si prega con l’amara
sensazione che Dio forse non sente o non ci considera. Gesù ci insegna ad avere
fede ferma, a chiedere con fiducia: se chiediamo nella disposizione giusta e
chiediamo ciò che giova al nostro vero bene, il Signore ci esaudisce. Giacomo
scrive: “Se uno difetta di sapienza, la chieda a Dio, che dà con abbondanza.
Chieda però con fede, senza tentennare, per non essere come un’onda sbattuta
dal vento. Non pensi quel tale di ricevere qualcosa dal Signore, irresoluto e
volubile com’è” (Gc 1,5s). Oltre all'atteggiamento verso Dio, è anche
importante, nella preghiera, quello verso il prossimo, evitando la mancanza di
carità: “Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro altri,
perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri
peccati” (Mc 11,24s). Un altro errore diffuso è quello della verbosità. Gesù
ammoniva: “Quando pregate non sprecate parole come i pagani, che credono di
essere esauditi grazie alla loro loquacità. Non siate come loro perché il Padre
vostro sa di che cosa avete bisogno anche prima che voi preghiate” (Mt 6,7s).
Non si deve cedere alla tentazione di “voler convincere Dio”, quasi come se le
grazie si ottenessero con una determinata sequenza magica di parole. Dio sa già
di cosa abbiamo bisogno. Ma allora, si chiederà, perché pregare? Perché la
preghiera non è l’elenco sterile di tutte le nostre necessità, ma accogliere
Dio nel cuore e schiudersi al suo amore trasformante. Se però non siamo capaci
di vivere così nemmeno nelle altre relazioni (nel rapporto con gli altri, nel
rapporto di coppia...), soffocando con parole inutili il legame intimo ed
essenziale, è difficile cambiare metodo durante la preghiera. Scrive padre
Vittorio De Bernardi, grande maestro contemporaneo di spiritualità e dono
prezioso dell’Ordine gesuita: “Le nostre preghiere sono il frutto del nostro
livello spirituale, spesso ancora imperfetto, infantile, quindi poco
chiaroveggente. Ci è difficile vedere noi stessi come ci vede Dio, e vedere a
che punto Dio ci vuole portare. La preghiera è tuttavia necessaria per renderci
consapevoli che in tutto dipendiamo da Dio. Inoltre la preghiera ci è
necessaria per creare in noi le giuste disposizioni: se chiedo di diventare
sincero, mi apro già ad un atteggiamento di sincerità, e la grazia di Dio
arriva al mio cuore attraverso un canale già aperto”. Per fortuna la nostra
preghiera è preceduta e portata a compimento dalla preghiera misteriosa dello
Spirito Santo in noi. Dice San Paolo: “Noi non sappiamo che cosa chiedere nel
modo giusto, ma lo Spirito lo implora per noi con gemiti inesprimibili, e Colui
che scruta i cuori sa quale sia l’anelito dello Spirito”
sabato 16 febbraio 2013
GLI ERRORI NELLA PREGHIERA
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