I
SANTI E I GRANDI UOMINI PRATICARONO LA SOLITUDINE.
Davide
fuggiva, ancor ragazzo, la città e la moltitudine, dice S. Giovanni Crisostomo;
abitava i deserti e non teneva commercio col secolo; non occupandosi né di
negozi, né di compre, né di vendite, viveva silenzioso nella solitudine, e là,
come in tranquillo porto, riposando in pace nel suo isolamento, guardava il
gregge; meditava il regno dei cieli abbatteva e ammazzava gli orsi e i leoni
che si gettavano su le sue pecore; li atterrava non tanto con, la forza delle
sue braccia, quanto col vigore della sua fede, che attingeva nella solitudine
(Homil. ad pop.). Di Giuditta narra la Sacra Scrittura, che si era scelto nel
piano superiore della sua casa un piccolo e segreto appartamento, dove se ne
stava ritirata con le sue ancelle (IUDITH. VIII, 5). La Chiesa canta in onore di S. Giovanni
Battista, ch'egli ancora tenero fanciullo, era andato a nascondersi negli antri
del deserto, fuggendo le turbe dei cittadini, per non imbrattare della menoma
macchia, nemmeno solo di parola, la sua vita (Hym. in fest. S. Ioann. B.). S.
Giovanni si ritirò nella solitudine per imitare, ad esempio di Mosè e di Elia,
lo spirito e la virtù di Gesù Cristo; cioè per quel suo allontanamento dal
mondo e dai vizi del mondo, acquistò la perfezione della santità e si rese
degno di essere in seguito creduto allorché mostrò Gesù Cristo. Perciò i Padri
chiamano Giovanni Battista il capo, il modello, il duce dei monaci e degli
eremiti. Egli abita la solitudine, anche per mostrare i pericoli del secolo e
la sua corruzione, e per provare alle età future che il deserto, nido di belve
feroci e di rettili velenosi, è meno pericoloso che il tumulto del mondo. Quanti
milioni di uomini e di donne di ogni età, di ogni stato, si appartarono nella
solitudine per lavorare alla loro santificazione! Leggete la vita dei Santi, e
specialmente quella dei Padri del deserto... Le persone pie e contemplative
hanno sempre desiderato, amato, cercato la solitudine. I più grandi fra i
Santi, dice l'Autore dell'Imitazione di Gesù Cristo, hanno sempre evitato
quanto potevano il commercio con gli uomini, e scelto la solitudine per vivere
di Dio e per Iddio (Lib. I, c. XX, n. 1). I grandi uomini hanno in ogni tempo
guardato la solitudine come un soggiorno di vere ricchezze, di felicità, di
delizie, di pace, di sicurezza, di virtù, di perfezione, come un luogo sicuro
dai pericoli e dalle seduzioni... I gentili medesimi conobbero la vita
solitaria, l'ebbero in pregio e parecchi la praticarono. Per testimonianza di
Plutarco, Scipione l'Africano diceva ch'egli non era meno solo che quando era
solo; e non mai meno ozioso che nella solitudine.
ECCELLENZA
E VANTAGGI DELLA SOLITUDINE
Come
la terra nasconde nelle sue viscere l'oro, come il mare tiene sepolte nel suo
seno le perle, come il suolo copre le radici degli alberi, così la virtù degli
umili e dei Santi è sempre nascosta in questo mondo, sia da essi, sia da Dio,
sia principalmente dall'amore alla solitudine... E Gesù medesimo non opera egli
forse in segreto con la sua grazia e con i suoi doni?... La vita degli anacoreti,
degli eremiti, fu vita nascosta nella solitudine. Il Salmista medesimo diceva:
« Io sono fuggito, mi sono allontanato, ed ho fissato la mia dimora nella
solitudine» - E perché ciò? «Perché ho veduto la violenza e la discordia
correre da padrone il mondo, l'iniquità sedervi regina. Il delitto, la frode,
l'usura e l'inganno non si partono mai dalle pubbliche piazze»«Io
porrò la vera strada nella solitudine » (ISAI. XLIII, 19), dice il Signore per
bocca d'Isaia, e i deserti si cambieranno in laghi, e le aride lande saranno
bagnate da canali di acqua che farò scaturire sul pendio dei colli e in mezzo
ai campi. Farò nascere nel deserto il cedro, il legno di Sethin, il mirto e
l'olivo. L'abete, l'olmo e il bosso intrecceranno l'ombra del loro fogliame in mezzo
alla solitudine. Sappiano i mortali che la mano di Dio ha fatto questi prodigi
(ISAI. XLI, 18-20). «O solitudine, esclama S. Gerolamo, primavera carica dei
fiori di Gesù Cristo! O solitudine, nella quale nascono le pietre preziose di
cui dice l'Apocalisse che è costrutta la città del gran Re! O solitudine che
parli familiarmente a Dio nella gioia! Che fai tu, fratello mio, nel secolo, tu
più grande del mondo tutto? Per quanto tempo ancora ti schiaccerà l'ombra dei
tetti? Fino a quando tuttavia, o Eliodoro, la bella prigione delle città ti
terrà prigioniero? » La solitudine rende l'anima tranquilla, raccolta
e presente a se stessa; la riempie dell'unzione delle cose celesti. Ma nessuno
meglio del gran solitario S. Basilio ci descrive la felicità della solitudine.
«La vita solitaria è scuola di celeste dottrina e di arti divine. Là non
s'impara che Dio, la strada che conduce a Dio, e tutto ciò che bisogna sapere
per giungere alla cognizione del sommo vero. L'eremo è paradiso di delizie,
dove esalano gli aromi delle virtù, dove le rose della carità fiammeggiano del
calore di fuoco; dove i gigli della castità risplendano di niveo candore e
frammiste ai gigli e alle rose olezzano le viole dell'umiltà. Qui stilla la
mirra della mortificazione non solo della carne ma, gloria più grande, della
volontà propria, e svapora del continuo l'incenso di una assidua orazione. O
solitudine, delizia delle anime sante e dolcezza inesauribile d'interne
consolazioni! Tu sei quella fornace caldea nella quale i santi fanciulli smorzano
con la potenza delle loro preghiere le fiamme dell'incendio che li investe. Tu
sei il forno nel quale il re superno mette a cuocere i suoi vasi di gloria,
battuti col martello della penitenza, perché siano perfetti e puliti con la
lima della salutare correzione, affinché acquistino lucentezza. O cella
solitaria in cui si negozia il cielo! Felice commercio in cui si cambia la
terra col paradiso, quello che passa con quello che eternamente resta! O
solinga cella, mirabile officina di spirituali esercizi, in cui l'anima umana
ristora in sé l'immagine del suo Creatore e la fa ritornare alla sua originale
purità e bellezza! O solitudine, tu procuri che venga Dio con puro cuore
quell'uomo che poco fa, avvolto in dense tenebre, ignorava Dio e se medesimo:
tu fai sì che l'uomo, appostato su la torre della sua mente, venga scorrere
sotto a sé e scomparire quanto vi è di terreno, e se stesso, passare con le
altre cose. O solitudine, o celletta, campo di Dio, torre di Davide, spettacolo
degli Angeli, dimora di quelli che valorosamente combattono! O deserto, morte
dei vizi, focolare e alimento delle virtù! Mosè deve a te l'aver ricevuto per
due volte il Decalogo; per te, Elia vide passare il Signore; per te, Eliseo
ricevette il duplice spirito del suo maestro. Tu sei la scala di Giacobbe, che
porti gli uomini al cielo, e riporti il soccorso degli Angeli alla terra! O
vita solitaria, bagno delle anime, purgatorio che lavi le macchie! O cella, tu
sei il luogo, dove vengono a consiglia Dio e l'uomo. O eremo, felice ricovero
contro le persecuzioni del mondo, riposo dei tra vagliati, consolazione degli
afflitti, frescura contro gli ardori del secolo, divorzio dal peccato,
reclusione dei corpi, libertà delle anime, deposito di gemme celesti, curia dei
divini senatori! Dove l'uomo vincitore dei demoni, diventa compagno degli
Angeli; esule dal mondo, diventa erede del paradiso; rinnegando sé, diventa
seguace di Gesù Cristo»
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